martedì 24 febbraio 2009

Duchesne

Probabilmente è una segnalazione a vuoto, ma non posso resistere.
Ho trovato un blog che mi fa ammazzare dalle risate: http://studioillegale.splinder.com/

giovedì, 05 giugno 2008
C'E' SEMPRE SOTTO QUALCOSA

Qui in drafting session, il tempo scorre lento.
Sto legando molto con un avvocato romano, advisor delle banche. Grasso, sempre paonazzo, con un grosso tatuaggio sull’avambraccio. Se si scalda, balbetta. Qualche volta lo prendo in giro.
- “Ehi, Co-co-co-consob, come stiamo?”
- “Va-va-va-ffanculo”, risponde lui.
Poi mi scaglia una pacca fortissima sulla spalla e mi dice grande Duchesne, senza mai balbettare. Scendiamo di un piano, gli offro il caffé alla macchinetta e lo ascolto. È un appassionato di complottistica e teorie strane. Sa tutto di massoneria, colpi di stato orchestrati ad arte, occultismo, autopsie di alieni. Quando attacca a parlare non lo si può fermare. Sull’11 settembre, neanche a dirlo, fiocca di ipotesi. Dice che c’è pure un fumetto di Topolino che aveva già tutto in nuce.
- “Tutto cosa?”, lo provoco io, “su, su, non dire cazzate”.
- “Cazzate? A-a-a-ltro che cazzate. Disney era una massone, lo sanno tutti. Co-co-con i suoi film, i fumetti e tutto il resto non faceva che fa-fa-fare passare messaggi in codice.”
- “Adesso non mi tirerai mica fuori la solita storia di Bianca e Bernie e la donna con le tette di fuori.”
- “Bianca e Bernie, bravissi-si-si-mo. Ma fo-fo-fosse solo quello. Per dire, hai mai notato che To-to-topolino è uguale a Minnie? To-to-togli sopracciglia e abiti, e sono proprio u-u-u-guali. E pure Paperino con Paperina, Trudy con Gambadilegno. È come se la Disney veicolasse un messaggio ra-ra-razzista, mogli e buoi dei paesi tuoi.”
- “Ah. Ecco.”
Ho pensato agli investitori italiani. Questo è l’uomo che sta curando i loro interessi. Poi uno dice che manca la fiducia nella ripresa dei mercati.

martedì, 17 febbraio 2009
NON CREIAMO INUTILI ALLARMISMI (L'OTTIMISMO)

L’avvocato d’affari – come ogni avvocato – è un libero professionista.
E questo, molto semplicemente, significa che, all’inizio della sua collaborazione con lo studio illegale, non firma nessun contratto di lavoro. Certo, qualcuno, soprattutto negli studi anglosassoni, si trova a dover firmare un contratto in cui dichiara che non ha firmato nessun contratto, ma queste sono eccezioni figlie di quel famoso humour inglese, tanto giustamente celebrato.
Improvvisamente, però, a scardinare le certezze di tutto questo libero professionismo, è arrivata la Crisi e la Crisi, si sa, genera nervosismo, suscita insicurezze, diffonde paure e l’avvocato d’affari allora tende le orecchie, si guarda in giro, coglie i segnali, si affida alle smentite lette sui giornali (“Tagli? Solo una leggenda metropolitana”), con tutto il loro sapore di ottimismo ed euforia.
Ed è proprio con le ottimistiche ed euforiche smentite nella testa che il mio ex compagno di università, Còmoli, si è presentato nella stanza del suo partner responsabile.
- “Siediti Comòli…”
- “Còmoli.”
- “…Còmoli.”
Una lunga pausa ottimista.
- “Son nervoso, non farci caso”, gli ha detto a un certo punto il partner. “Stamattina ho litigato con un tizio sull’autobus, un ciccione, se ne stava lì in mezzo al corridoio, ostruiva il passaggio, che io poi, figurati, va bene, son paziente, ma penso agli anziani, alle donne incinte. Guarda, alle volte penso che gli obesi, con tutto il rispetto, non dovrebbero nemmeno farli entrare in certi posti. Tipo il cinema, l’aereo, anche alcuni bar. Sei lì che hai pagato un servizio e ti trovi ostacolato nella fruizione.”
- “Beh”, ha detto Còmoli, ancora abbastanza ottimista. “È anche questione di essere tolleranti. Se no, allora, uno potrebbe non volere, per dire, i vecchi.”
- “Se fossero grassi. Se no, che fastidio ti danno? A parte quelli impresentabili e allora ti potrei anche seguire, ma lì è la malattia, cazzo, bisognerebbe davvero essere bastardi.”
- “Non so. Io qualche anno fa ero grasso e, ecco, anche sentirmi segregato non mi sarebbe piaciuto.”
- “Tu eri grasso?”
- “Sì, poi ho avuto dei problemi di salute e, per farla breve, mi sono asciugato, ho perso 18 chili.”
- “Però oggi stai meglio.”
- “Beh, sì, naturale.”
- “E allora lo vedi che mi dai ragione? Ma pensa te, vieni a fare il politically correct con me? Tu farai carriera, caro mio. Comunque, eccoci qui. Arriviamo subito al punto, che siamo persone mature, e insomma... abbiamo avuto dei, ehm, colloqui interni. Sai com’è, i tempi sono quelli che sono, la congiuntura la conosciamo bene, e una struttura come la nostra necessita di coesione, di dialogo, pianificazione. E, pur con tutto l’ottimismo che abbiamo – perché il nostro è uno studio che funziona e funziona bene – è necessario muoversi per tempo, prevenire, eludere.”
- “Sì.”
- “Sono necessari dei chiamiamoli correttivi.”
- “Sì.”
- “Tu mi capisci, vero. Insomma, ci sono risorse, pure importanti, che però oggi non hanno vuoi le possibilità, vuoi le capacità, vuoi solo le condizioni ambientali per offrire il loro apporto. E queste risorse vanno quindi, diciamo, liberate.”
- “…”
- “Liberate”, ha ripetuto il partner.
- “Devo…”, un’esitazione poco ottimista da parte di Còmoli. “Devo lasciare lo studio?”
- “Non subito, cosa siamo? Cerberi? No, un paio mesi, ti prendi il tuo tempo per guardarti intorno, orientarti, cercare il tuo percorso. In fondo è solo un momento un po’ così, viscerale, una crisi di paure più che di sistema. Che poi è importante non creare inutili allarmismi. La crisi c’è – perché la crisi c’è – ma si gestisce, con la giusta fermezza, con la competenza, anche con la speranza, via. Poi uno come te, trent’anni, brillante, non si deve preoccupare, ha tutte le possibilità di questo mondo, anche fuori di qui, soprattutto fuori di qui, si tratta di capire la tua strada, che non dico che non sia questa, anzi, può essere, ma va prima capito e questo, caro Còmoli, non possiamo essere noi a farlo. Che poi, tu l’hai già dimostrato, soprattutto a te stesso. Quat-tor-di-ci.”
- “Cosa?”
- “I chili che sei riuscito a perdere.”
- “Diciotto.”
- “Diciotto? Tu sei un grande.”

venerdì 20 febbraio 2009

Siamo tutti omosessuali - Radici nel cemento (solo per i maggiorenni che decidono di vedere il video)

Per chi è un fan del reggae linko un brano dei "Radici nel cemento" intitolato: "Siamo tutti omosessuali".

E' divertente, carino, e con semplicità dice, per fare la rima semplice come la fanno loro, la essenziale verità.

L'ho trovato su youtube oggi, lì per vederlo è richiesta la conferma della maggiore età, visto che alcune immagini di sottofondo, e forse le parole, secondo il canale potrebbero essere offensive della sensibilità e del c.d. pudore. Non credo altrettanto io, però a scanso equivoci vi avverto cosicchè decidiate se vederlo o meno, e ricordandovi che per decidere dovete aver compiuto la maggiore età. Non ci sono sistemi sul blog per appurare questo, neanche quelli formali che usa youtube, vi ribadisco l'invito, precisando che a mio personalissimo giudizio niente nel contenuto visivo può ritenersi offensivo, ma è questione di "sensibilità" propria.

Dopo la magnifica, poetica e sublime, interpretazione di Benigni della lettera di Oscar Wilde a Sanremo, questa canzone è un pò triviale, ma divertente. Per abbattere quel vile pregiudizio che produce una follia chiamata omofobia.

Buon ascolto, AI MAGGIORENNI CONSENZIENTI :D



lunedì 9 febbraio 2009

L'Antigone di Bertolt Brecht



l'inflessibile e giusta Antigone le ha dato fine....

Ma Antigone non era sovversiva, l'Antigone che ci ha lasciato aveva con lei il Diritto Positivo, era Creonte il tiranno sovversivo, sovversivo come ogni tiranno...Drammatica Italia che ribalti la verità....I ragazzi giù nel campo non conoscono memorie...

Addio Eluana, la tua morte non è stata invana, come non lo sono stati quei miseri 20 anni che ti son toccati di vivere veramente...

E il delirio che oggi domina gli uomini pubblici, e ciò che seguirà non è più affar tuo, come non lo furono questi 17 criminali anni torturata su un letto...

Diremo forse, ce lo auguriamo, un giorno ai nostri nipoti: un tempo, pensate, non eravate liberi neppure di morire...Avevamo paura nel mettervi al mondo...La più grande gioia, che è quella di avere un figlio, si tramutava in orrore per molti di noi...Ma poi ci fu un giorno una giovane donna, un eroico padre che mentre un Governo tiranno e magnaccia, minava dovunque le istituzioni e faceva mercato del suo corpo, adirono le più Alte Magistrature, le più Alte Cariche dello Stato, e grazie ad essi e quest'ultime anche nel nostro Paese venne la dignità...

Pensate, diremo ai nostri figli che forse, almeno io sicuramente se li avrò, chiameremo Piergiorgio ed Eluana, diremo loro: pensate che tanto era diverso, vi appare cosi inimmaginabile, ma purtroppo era tremendamente più terribile la vita in questo Paese oggi libero...Noi vivemmo tragedie sui nostri corpi, alcuni di noi non ce la fecero, altri si...

E ora, Signori, SIPARIO! su questa vicenda umana, finalmente: SIPARIO! Non sulle nostre battaglie...

venerdì 6 febbraio 2009

Distinguere il possibile dall'impossibile - Umberto Veronesi

Copio e incollo da Repubblica di oggi l'articolo del Prof. Umberto Veronesi sul Caso di Eluana Englaro....


L'onda emotiva della vicenda di Eluana rischia di sviare l'attenzione dal cuore del problema
L'ordinamento del nostro paese prevede per tutti il diritto di rifiutare i trattamenti

Distinguere il possibile dall'impossibile

di UMBERTO VERONESI


La forte ondata emotiva che accompagna la vicenda di Eluana rischia di sviare l'attenzione dal cuore del problema. L'ordinamento del nostro Paese prevede per tutti il diritto di rifiutare i trattamenti. Anche i trattamenti cosiddetti "di sostegno", come la nutrizione artificiale o la trasfusione di sangue, ma ora si vorrebbe calpestare questa norma fondamentale, violando il diritto di autoderminazione delle persone, che è sacrosanto per ognuno di noi.

Capisco e intimamente condivido la commozione profonda che pervade in queste ore tutto il Paese, ma a questo punto il sentimento non deve impedire di capire cosa si può fare e cosa non si può fare. Cancellare la morte? Non si può fare. Evitare la sofferenza ai familiari o a chi assiste a una morte? Non si può fare. Abolire il diritto dei medici di decidere secondo scienza e coscienza? Ancora, non si può. Spazzare via con un colpo di spugna i diritti fondamentali delle persone e dei malati, conquistati con fatica e difesi per decenni? Neppure. Mettere governo e giustizia l'uno contro l'altra, con provvedimenti in cui la politica nega ciò che le Corti hanno deciso? Davvero non si può; e soprattutto non si deve. E io credo che il governo e il Parlamento non lo faranno.

Nessuno oggi, se non in un momento di smarrimento e confusione, può davvero pensare di ignorare i trecento anni di storia e di grandi progressi civili che ci hanno permesso di godere di un livello di vita accettabile e di disporre della libertà personale necessaria per costruire il proprio progetto di vita. Una legge che obbliga chi cade in coma ad una vita artificiale, senza coscienza e senza risveglio per decenni, anche contro la sua volontà, va contro i principi di libertà e non verrebbe mai sottoscritta da nessun presidente di una democrazia avanzata. E tanto meno dal nostro Presidente della Repubblica, che è il custode della Costituzione e dei suoi più alti valori. Inoltre le leggi non dovrebbero mai essere fatte sull'onda delle emozioni, ma su una pacata e lucida analisi della realtà.

Penso di essere in Italia, per età e per professione, uno fra coloro che maggiormente ha lottato sul campo per la vita, la sua qualità e per il diritto di viverla nella sua pienezza, e credo anche di essere fra coloro che più da vicino hanno vissuto accanto alla sofferenza, al dolore e alla morte. Così ho imparato a distinguere il possibile dall'impossibile. Ciò che si può fare, è, da parte della scienza, lottare fino all'ultimo per la salute del malato e annullare il dolore fisico, e, da parte della società, aiutare le persone nel momento di massima debolezza, quando sono colpite da malattie gravi, senza calpestare mai i loro diritti.

Ora, se il Paese applica le conclusioni della Cassazione - che confermano che la volontà di Eluana era di rifiutare la vita artificiale e che questa volontà va rispettata - fa ciò che umanamente e civilmente è possibile fare di fronte al terribile dramma di questa donna e della sua famiglia. Se non lo fa, non risolve la tragedia e condanna Eluana a invecchiare incarcerata nel suo letto, senza vedere, senza sentire, senza parlare e soprattutto senza avere coscienza. In questo caso il Paese metterebbe anche pericolosamente in gioco gli stessi principi su cui ha fondato la sua esistenza e il suo straordinario sviluppo. Si tratterebbe di violare il principio della separazione dei poteri, quello giudiziario e quello politico esecutivo, che dal 1700, dalla Rivoluzione francese in poi, ha scritto la storia delle democrazie nel mondo e segnato la fine degli imperi e i governi assoluti. E' importante che la gente, che oggi è comprensibilmente confusa dalle tematiche toccanti e incerte della morte, sappia comunque che se vedessimo che la politica prevarica la giustizia , sarebbe davvero preoccupante per il futuro.

Ciò che rassicura noi "ottimisti della ragione" è che un caso analogo si è già verificato negli Stati Uniti per Terry Schiavo quando era presidente George Bush. Anche Bush pensò allora di impedire che fosse interrotta la vita artificiale di Terry sospendendo una sentenza di Tribunale; tuttavia la Corte Suprema levò gli scudi in difesa dei principi fondamentali degli Stati Uniti d'America e Terry, il cui cervello all'autopsia apparve poi del tutto devastato, ha potuto così concludere la sua disumana avventura.